La difesa antiaerea

L'ululato di un cane terrorizzato era spesso il primo segnale, quando la popolazione non soffriva ancora la fame più feroce. Poi fu il fischio delle sirene delle Torri Veneziane di plaça d'Espanya o della fabbrica più vicina. Correre per cercare rifugio. L'angoscia per i propri cari.I secondi interminabili prima e dopo ogni bomba e il silenzio del terrore. Il dolore per gli scomparsi e la distruzione della città. La speranza di sopravvivere e non restare soli. La soddisfazione del pilota che s’allontana.

Barcellona non s’aspettava di essere oggetto di bombardamenti aerei. "Essere situati alla retroguardia non garantisce l’immunità di fronte all’apparizione di un nuovo elemento: l’aviazione. I bombardamenti sulla retroguardia rappresentarono un aspetto bellico assolutamente innovativo, che venne messo in campo durante la Guerra Civil." (Villarroya)

Dov’erano i rifugi? Accanto a casa vostra?

La difesa attiva, militare, consisteva nel localizzare e neutralizzare gli attacchi. A questo scopo, erano disponibili dei fono-localizzatori (foto di copertina) al Montjuïc, al poggio de la Rovira e a Sant Pere Màrtir (MUHBA); e radio-intercettatori, proiettori, guardacoste e punti d’osservazione navali in alto mare, per localizzare i velivoli e avvisare per tempo le difese (il radar sarebbe stato inventato solo nel 1941).

Fono-localizzatore.

[Foto: per gentile concessione del THG]

L’intervallo abituale tra l’avvistamento e l’attivazione dell’allarme era al massimo di 10 minuti. A partire dalla metà del 1937, contribuirono alla difesa aerea della città alcuni caccia sovietici (Polikarpov I-15 Xato i I-16 Mosca), che decollavano dagli aerodromi di Sabadell e del Prat cercando di neutralizzare gli attacchi aerei.

Aereo Polikarpov I-16, "Mosca", dell'esercito repubblicano.

[Foto: Archivio David Gesalí, per gentile concessione del THC]

Nell'ottobre del 1937, venne installata al passeig de Gràcia 116 di Barcellona la direzione della DECA (Difesa Speciale Contraerea), da cui dipendevano anche alcune batterie d’artiglieria ubicate in due zone: il fronte marittimo – Montjuïc e Poblenou – e il poggio de la Rovira, progettato nel 1937 e ultimato nel gennaio del 1938.

Archivio Generale Militare d'Avila.

[Per gentile concessione del THG]

Vi vennero installati quattro cannoni Vickers 105. Per quanto avessero un effetto deterrente, i mezzi repubblicani erano precari e insufficienti.

Cannone al poggio de la Rovira.

[Per gentile concessione del THG]

L’impossibilità di prevenire gli attacchi nemici potenziò la difesa passiva civile, con l’adozione di misure tese a predisporre il salvataggio della popolazione. Il 20 settembre 1936 vennero pubblicate le prime istruzioni in caso di bombardamenti. In novembre, tutti i fanali della città vennero verniciati di blu e gli abitanti applicarono strisce adesive sui vetri di finestre, porte e vetrine. In dicembre, 'La Vanguardia' pubblicò un amplio supplemento sul funzionamento delle sirene in città.

Generalitat de Catalunya. Consell de Sanitat de Guerra. Secció de Defensa Passiva de la Població.

[Memòria Digital de Catalunya: Col·lecció "Cartells del Pavelló de la República" / Universitat de Barcelona]

Nel febbraio del 1937, mese che vide le prime vittime di un bombardamento navale, s’iniziò a trasmettere il testo che sarebbe stato reso famoso dall’annunciatore di Radio Associació, Teodor Garriga: "Attenti barcellonesi! C’è il rischio d’un bombardamento; raggiungete con calma e serenità il vostro rifugio. La Generalitat di Catalogna veglia su di voi".

Ascoltate il messaggio e osservate la distruzione della città

A partire dall’autunno del ’36, il Servei de Defensa Passiva Antiaèria (Servizio di Difesa Passiva Antiaerea) del comune, coordinato da Manuel Muñoz Díez della CNT, iniziò a offrire assistenza e norme per la costruzione di rifugi di quartiere non rivestiti, simili a gallerie di miniera. Questo dipartimento iniziò lo scavo di 24 rifugi, anche se molti di essi furono realizzati grazie alla volontà e alle capacità di coordinamento della cittadinanza. Le associazioni di quartiere, che fino ad allora organizzavano balli, feste o attività sportive, iniziarono a dedicarsi al piccone e alla pala, specialmente in zone popolari come Gràcia, Poble sec, Sants, Clot o Sant Martí). Per un racconto dettagliato sui rifugi di Gràcia e sulle incomprensioni tra Comune e Generalitat in materia di difesa antiaerea, si rimanda a Gràcia, temps de bombes, temps de refugis: El subsòl com a supervivència (“Gracia, tempo di bombe, tempo di rifugi: sopravvivere nel sottosuolo”), di Josep M. Contel.

Consultate l’ubicazione dei 1.354 rifugi su questa mappa interattiva, per scoprire quali sono stati catalogati in ogni quartiere, grazie ai dati resi disponibili dalla Mappa Archeologica di Barcellona, e per sapere quali è possibile visitare.

[Foto di copertina: cannone del Poggio de la Rovira. Per gentile concessione del THG]